Sr Rita Zuccher, canossiana originaria di Povegliano, da 43 anni è missionaria in Australia. In queste settimane è stata a Verona per un periodo di vacanza. L’abbiamo intervistata.
- Sr Rita, 43 anni in Australia, praticamente una vita
Si, per una meta non certamente cercata. La mia storia è questa: sono nata a Povegliano nel 1944, a vent’anni, nel 1964, sono entrata nelle canossiane. Sono stata insegnante in scuole canossiane in Italia fino al 1973 quando sono andata in Portogallo per la lingua, in vista della missione a Timor, in Asia. Sono arrivata a Timor nel 1974 ma nel 1975 abbiamo dovuto lasciarlo, cacciate come tutti gli altri missionari. Quindi sono arrivata come esiliata in Australia perché non sapevamo dove andare. Dovevo fermarmi solo qualche mese, al massimo un anno, per poi riprendere la via della missione. Ma eccomi qua, dopo 43 anni!
- Non considera l’Australia terra di missione?
Certo che lo è, soprattutto se ci mettiamo nell’ottica di Maddalena di Canossa, ovvero far conoscere Gesù alla gente. C’è un grande bisogno di far conoscere Gesù in Australia, dove spesso è sconosciuto o si vive come se lo fosse. Solo che mentre a Timor il missionario è considerato, benvoluto, rispettato, in Australia è tutto il contrario: c’è sospetto, il ruolo te lo devi guadagnare sul campo…
- Cosa ha fatto in questi 43 anni?
Di tutto! Dall’insegnante alla catechista, fino ad accompagnare gli anziani negli ultimi giorni della loro vita. Ho spaziato nei tre rami di impegno canossiano: l’educazione, la catechesi ovvero l’evangelizzazione, e la cura agli anziani. Appena arrivata da Timor nel 1975 ho dovuto imparare i dialetti dei calabresi e dei siciliani perché accompagnavo anche comunità di immigrati italiani che da queste regioni arrivavano. E’ stato un lavoro molto bello!
- Adesso cosa sta facendo?
Mi trovo al nord del paese, nella diocesi di Townsville: qui la presenza delle canossiane risale agli anni ‘50 del secolo scorso. Avevamo una scuola ma adesso abbiamo una casa per anziani: 65 vecchietti, e tra questi molti migranti italiani arrivati soli negli anni ‘60, rimasti soli per tutta la vita e oggi per loro la vecchiaia è un vero problema se non ci fossero delle case a loro dedicate. Il nostro più che un ospizio è visto e vissuto come una grande famiglia. E lo sforzo di noi canossiane è proprio questo.
- Che ricordo ha di Povegliano?
Quando sono partita nel 1975 pensavo di non tornare più, tanto lontana è Timor! La prima volta sono tornata nel 1980, e in tutto sono tornata altre 9 volte. Vivo Povegliano come un luogo privilegiato. Qui c’è la mia famiglia, qui è nata la mia vocazione: i miei genitori desideravano che almeno uno dei loro 8 figli diventasse religioso o religiosa. La mia vocazione è nata a Poveglano sentendo i missionari che arrivavano e raccontavano i grandi racconti di evangelizzazione in Africa. Ho sempre sognato l’africa, mi sono ritrovata in Australia! In questo posso proprio dire che sono stata uno strumenti nelle mani di Dio. Mi ha fatto bene una frase che mi disse un sacerdote mio amico: “ricordati Rita che i poveri ci sono sotto qualsiasi cielo”. Con Povegliano ho una grande amicizia con il gruppo missionario: li ho incontrati anche in queste settimane, vedo in loro una forte passione missionaria, e questo mi rallegra molto, mi fa sentire ogni volta a casa.
P.A.