E’ un fine settimana di settembre in cui Jatobà, cittadina in cui abito, è immersa in un isolamento totale. E’ questa l’unica possibilità che abbiamo per proteggerci dal Covid-19. Già sono trascorsi più di sei mesi e all’orizzonte nessun bagliore di miglioramento. Ormai ci stiamo abituando a coprire il volto con le mascherine, a lavarsi spesso le mani, a convivere con la paura... ad ascoltare al telegiornale che in Brasile, ogni giorno, muoiono mille persone. In questi giorni abbiamo raggiunto il numero di 150.000 morti!
E la vita continua! E porta con sé alcuni interrogativi: costretti a rallentare il ritmo di una vita frenetica, rinchiusi fra le quattro pareti di casa, scopriamo la bellezza di guardare negli occhi le persone della famiglia, sentire le voci dei vicini della porta accanto, assaporare il gusto del silenzio e della riflessione personale... Saremo capaci di trarre profitto dall’esperienza che un improvviso e invisibile virus ci ha costretto a fare? Mi chiedo: è questo un tempo favorevole per comprendere se ciò che si faceva era fecondo, vitale e creativo o, al contrario abitudinario, di comodo e incapace di generare futuro...?
Vivo in Brasile, in questa società strutturalmente diseguale, ingiusta e violenta, ove il sistema governativo non pone al centro la persona umana e il bene di tutti, ma difende con intransigenza gli interessi di una ‘economia che uccide’ come la definisce papa Francesco (EG 53). Un’economia fondata sullo sfruttamento irresponsabile della terra, un arricchimento di pochi, un impoverimento di molti e una corsa al consumismo che ci frantuma e ruba l’anima. E’ venuto il momento di rivedere i nostri stili di vita, concretizzare una vita più semplice, ove meno cose ci rende più liberi e il correre meno ci rende più capaci di relazioni autentiche e vere. E’ tempo di ricerca e di invenzioni creative. Mano alla fantasia e al coraggio di cambiare!
Siamo disposti a cambiare la rotta del nostro stile di vita di Chiesa?
Il coronavirus ci mette alla prova e forse sta accelerando la fine non solo di uno stile di società, ma anche di un certo modo di vivere il nostro essere Chiesa. Qui, in diocesi di Floresta, siamo in piena pandemia ed è difficile per noi pensare a come vivere il dopo-Covid 19. La domanda che ci facciamo è: ‘come vivere questa ‘nuova normalità’. Abituati ad incontrarci ‘in comunità’, riunirci nella cappella ogni domenica per celebrare la Parola, accompagnare gruppi di ragazzi e visitare i malati, ora, venuti meno gli spazi di incontro, le domande ci invadono: Che fare? Come vivere il Vangelo? Come sentirsi comunità? Quali gli spazi di incontro?...
In questo tempo di pandemia che ci costringe al distacco sociale e ci insegna una ‘nuova normalità’, stiamo riscoprendo le nostre case e famiglie come nostra ‘Chiesa domestica’, uno spazio di incontro con Dio e con i fratelli e sorelle, l’ambiente in cui risplende la luce del Vangelo. I discepoli e discepole di Gesù, qui a Floresta, ogni domenica sono invitati, come famiglia, a riunirsi attorno alla mensa. Aiutati da un breve schema collocano al centro la Parola di Dio, leggono il Vangelo del giorno e poi condividono dubbi, incertezze, fatiche e pregano...spezzano insieme la Parola e condividono il pane della fatica...Lui lì è presente e celebra con noi. Anzi è lui il celebrante che passa dal sacro altare del tempio alla tavola del pasto quotidiano e della solidarietà fraterna.
E la Parola si fa ‘casa’ tra le nostre case. Durante i mesi di Giugno e Luglio, ogni famiglia è stata invitata alla lettura continua del libro degli Atti degli Apostoli attraverso l’invio ogni giorno di un breve sussidio virtuale. Agosto, qui da noi, è il mese vocazionale; quante testimonianze di laici e di famiglie si stanno diffondendo e giungendo nelle nostre case. Ogni famiglia riceve, quotidianamente, un semplice schema di ‘lectio orante’ e un breve video di cinque minuti. E’ la testimonianza di un laico, una famiglia, una suora o un presbitero. Per fare memoria che tutti e tutte, in forza del nostro battesimo, abbiamo la ‘vocazione’, siamo chiamati ad essere ‘servitori’ del Regno: costruttori di buone relazioni, consolatori di chi soffre, testimoni di vita semplice, tessitori di fraternità...quanti gesti di solidarietà vissuti in questo periodo. Che creatività sta sorgendo attorno a noi! Video, immagini di incontri, messaggi di solidarietà...E qui i laici e le laiche sono più bravi di noi sacerdoti. Anche l’espressione del sacro si sta trasformando...non più solo i sacerdoti ben paramentati occupano il sacro presbiterio, ma uomini e soprattutto donne, in abiti usuali, salgono sul ‘presbiterio virtuale’ e dirigono/animano la celebrazione domenicale, la preghiera quotidiana, gli incontri virtuali... Siamo divenuti cercatori ed erranti nel cammino della Vita. Con Lui, il Vivente!!!
Don Felice Tenero
Fidei donum in Brasile, diocesi di Floresta.